Venerdì 04 agosto: Cayo San Pedro – Belize City – Honduras S. Pedro Sula -
Roatàn
Alle 6 parte il Gigio. Noi
invece ci svegliamo con più calma e facciamo colazione in pasticceria,
accompagnando il tutto con un caffé “espresso”. Non male, per essere in una ex
colonia britannica. Rifacciamo i bagagli e li portiamo in aeroporto (oddio, è
vero che arrivano e partono gli aerei, ma di fatto è una striscia di terra
battuta e poco più…). Naturalmente a piedi: caldo pazzesco. Ci metto quasi tre
ore per recuperare. Partiamo in anticipo, ed arriviamo nell’aeroporto (questo
si!) di Belize City x il cambio di aereo. Qui invece sembra di essere al polo nord, dal freddo che fa.
Ripartiamo alla volta dell’Honduras, anche questa volta in anticipo (mi chiedo
se qui gli aerei partono sempre in anticipo…). A San Pedro Sula (altro cambio di
aereo) c’è un mezzo
macello: non trovano più i nostri bagagli e si scatena una specie di caccia allo
zaino che coinvolge buona parte del personale. Forse è meglio fare una
precisazione: chi si immagina il classico aeroporto così come siamo abituati a
vederlo noi si sbaglia. Noi eravamo in una specie di bolgia dantesca, con pacchi
e valigie accatastati in ogni dove, in cui il sistema del trasporto bagagli
consisteva nelle braccia del personale. Che in questo caso, ci ha dato una
mano. Per fortuna due zaini rossi sono abbastanza evidenti.
Per farla breve, dopo un po’
vediamo un facchino che si sbraccia verso di noi e ci fa segno di andare verso
l’aereo: i nostri bagagli erano già stati caricati. Roba da non crederci, visto
che eravamo anche in lista d’attesa e, almeno in teoria, avrebbero dovuto dirci
qualcosa. Meglio così.
Ci muoviamo per andare verso
l’aereo e quando appare alla mia vista un brivido mi percorre la schiena: è un
“robo” che definire aereo è pretenzioso, di fabbricazione cinese, vecchio come Mosé, e... quadrato!!!. Incrociamo le
dita e partiamo: non cadrà mica giusto oggi…
Arriviamo a Roatàn e per la
seconda volta ho la tentazione di baciare il suolo. Per fortuna l’aria è
decisamente piacevole e mi distrae dai propositi di ringraziamento al Supremo.
L’atmosfera però ci viene rovinata alla dogana, perché il poliziotto ci chiede
20 dollari per l’ingresso. Peccato che poi scopriamo che non erano dovuti, ma…
che fare? Impelagarsi in un’accusa non dimostrabile (nessuna ricevuta, pagamento
in contanti ecc. ecc.) di concussione ad un poliziotto in Honduras? Ovviamente
lasciamo stare. La notizia peggiore però è che veniamo a sapere che in quei
giorni c’è una qualche festa, per cui tutti gli alberghi ed i vari posti per
dormire sono esauriti. Sarebbe la prima volta che non riusciamo a trovare un
posto dove dormire, ma non ci scoraggiamo. Facciamo
conoscenza con una coppia americana: Gianfranco, giornalista italo-americano, e
Sula, sua moglie, indiana. Anche loro hanno avuto problemi col poliziotto, ma di
altra natura: gli ha trattenuto i passaporti perché secondo lui, siccome a volte
Roatàn viene usata come base di transito per andare clandestinamente negli USA,
anche Sula era in transito. Ed a nulla è servito spiegargli che lei era moglie
di un americano, già in possesso della carta verde (il permesso di soggiorno americano) e,
soprattutto, che loro stavano arrivando proprio dagli Stati Uniti!!! Insomma il
poliziotto, secondo noi, ci stava provando anche con loro: se gli andava bene
magari gli sganciavano qualche bigliettone per chiudere un occhio. Invece gli è
andata male…
Comunque sia, la notizia dei
posti letto esauriti sembra vera e Gianfranco e Sula si rivelano gentilissimi e
ci offrono di dividere con noi il bungalow che hanno prenotato, visto che ha un
letto in più. Questa cosa ci risolleva molto, anche se il costo è notevole, ma
ne vale la pena!!!
Andiamo tutti insieme a cenare
in un ristorante da favola: direttamente in spiaggia, in una baietta immersa nel
verde, sotto la luna e le stelle, di fronte all’oceano… Insomma, il posto ideale
per brindare al primo anniversario di matrimonio di Gianfranco e Sula.