Sabato 18 febbraio 2012: New Delhi. Atterraggio perfetto 10 minuti prima dell’ora stabilita. Sono le 9,25 del mattino. All’uscita vi è l’incaricato della State Express che ci accoglie con un cartello che indica il nome del capogruppo. Ci accompagna al pulmino e ci presenta gli autisti. Caricati i bagagli partiamo. Ad un certo punto ci fermiamo per far salire due persone: sono quelli che ci cambieranno i soldi (l’avevo chiesto dall’Italia). Andiamo subito a visitare dall’esterno il Red Fort per poi proseguire a piedi fino alla Grande Moschea Jama Masjid. Saliti sul pulmino andia-mo a visitare la Tomba di Humayun , tomba giardino di architettura Moghul. Proseguimo poi per il Ghandi Ghat o Raj Ghat. È il posto dove è avvenuta la cremazione del Mahatma e che adesso è monumento nazionale con parco annes-so. Il posto è suggestivo e molto ben tenuto anche se non c’è tanto da vedere. Saliti di nuovo sul pulmino andiamo al Qtub Minar , capolavoro di arte afgana. All’uscita siamo stanchi e ci facciamo accompagnare in hotel . Il sole è già tramontato. Durante il percorso per l’hotel vediamo l’India Gate illuminato. [Roberto] Catapultati nel caos assoluto di Delhi: odore di urina ed incenso, migliaia di macchine e tuc-tuc, vacche ed ancora vacche, mendicanti e santoni, integralisti islamici alla moschea, frastuono di clacson, ma comunque una sensazione di… pace! [Debora] Arrivo a Delhi la lunga strada che unisce la città all’aeroporto è in rifacimento: stanno costruendo un muretto in pietra primo assaggio dell’”indian way of life”: spaccano pietre enormi con la mazzetta, cose che avevo visto solo nei film americani fare agli ergastolani (ma col piccone) e in più lo fanno anche le donne anzi famiglie intere che dormono per strada vicino all’ultima pietra spaccata per poi riprendere l’indomani (ecco il vero significato della parola manodopera). Arriviamo davanti al red fort ed ecco il primo allucinante impatto: bisogna attraversare una strada a sei corsie congestionata da macchine tuc tuc e motorini. Qui si varrà la nostra nobilitade non so come ce la facciamo con l’aiuto della carità e anche di un po’ di disprezzo da parte degli indiani. [Pietro] Notte in viaggio e anche di più, visto il fuso orario.
Arriviamo la mattina e ci accoglie una foschia densa ed una temperatura fresca
ma non troppo. Troviamo i nostri autisti-accompagnatori con il pullman che ci
accompagnerà per tutto il Rajastan. Certo, a vederlo così non ispira particolare
fiducia, ma quello é, e comunque si rivelerà tutto sommato abbastanza comodo. Facciamo tappa a Jama Masijd (Grande moschea), poi alla Tomba di Humayun, e dopo una breve visita al Ghandi Ghat (o Raj Ghat), finiamo con il Qtub Minar, che mi ispira tanto e mi da il "la" per quello che sarà uno dei leitmotiv del reportage fotografico: tentativi (non sempre riusciti) di foto architettoniche e di prospettiva non convenzionali. Visto il forte dall’esterno (non c’è tempo) e foto di gruppo e riattraversamento della superstrada tutti alla bancarella a comprare arance che cerchiamo disperatamente di mangiare mentre siamo braccati e inseguiti da vespe e lambrette (!) che strombazzano incessantemente veniamo salvati dalla scalinata della Jama Masijd che apre fra dieci minuti no un quarto d’ora no venti minuti ecco possiamo entrare la moschea è maestosa e bellissima. [Pietro] Continuiamo sul maestoso visitando la tomba di Humayun che sembra un anticipo del Taj Mahal comunque arte superba. Passaggio al Ghandi ghat poi il Qtub minar bellissimo e in rovina con pappagalli gialli. Qui comincio ad accorgermi della presenza costante e pervasiva anche nei centri abitati della flora e fauna (quella che noi occidentali non particolarmente avvezzi chiamiamo col termine riduttivo di natura). [Pietro] Ritorniamo in albergo esausti ed assonnati. Giusto il tempo di scaricare le valigie, mangiucchiare qualcosa e via di corsa a dormire. Talmente in fretta che non ricordo la sensazione della testa che si appoggia sul cuscino...
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