C'era una volta un bimbo. O quasi. Qualche ricordo di
gioventù
|
|
|
|
11 Luglio 1966 |
Il mio primo compleanno. L'occhio attento può già cogliere la propensione alla guida e quella ai dolciumi... |
|
|
|
|
|
|
|
11 Luglio 1966 |
Nel caso ci fossero stati dubbi... La persona che tanto amorevolmente si preoccupa della mia salute è mia mamma. |
|
|
|
|
|
|
|
6 Febbraio 1972 |
Carnevale a Catania, dove viveva mia zia e le mie cugine |
|
|
|
|
|
|
|
Giugno 1976 |
Panatta e compagni stavano per vincere la coppa Davis. Ma io ero preso dalla presentazione della recita di fine anno scolastico. L'inizio di una carriera? |
|
|
|
|
|
|
|
22 Aprile 1978 |
Gita a Castel del Monte, seconda media. Se qualcuno si riconosce... P.s.: primi esperimenti con una macchina fotografica, la mitica OM1 del fidanzato dell'epoca di mia sorella. |
|
|
|
|
|
|
|
24 Dicembre 1978 |
Presepe vivente. Il mite pastorello suona il flauto vicino al pozzo. ... e il giorno dopo avevo la febbre a 39. Fine della carriera di pastorello. |
|
|
|
|
|
|
Il mio primo ricordo d'infanzia risale a
quando avevo circa 3 o 4 anni, ed é come avvolto nella nebbia: ricordo un
telefono nero a parete, di quelli di una volta, accanto ad una finestra da cui
si vedeva l'Etna. Evidentemente quella vista mi impressionò talmente che ne ho
tuttora memoria.
Il ricordo successivo risale a qualche anno
dopo, nel frantoio di mio zio Augusto.
Per chi non sa cos'è un frantoio, é il
posto dove entrano le olive e ne esce l'olio. Adesso ce ne sono di modernissimi,
ma una volta si usavano i somari per far girare delle grosse pietre (le macine)
in una vasca in cui venivano messe le olive. La pasta che se ne ricavava, posta
in strati separati da dischi in corda, veniva pressata ed una parte del liquido
risultante era l'olio extravergine di oliva. I somari non li ricordo perché
usavano già i motori elettrici e le presse idrauliche, ma la molitura a freddo è
sempre quella.
Orbene, quel pomeriggio mio padre, che aveva delle commissioni da fare, mi lasciò in custodia
da mio zio, il quale a
sua volta mi affidò agli operai che lavoravano nel frantoio. Caso volle che la
moglie di uno degli operai arrivò portando con sé il pane appena sfornato. Chi
conosce la zona sa che le "pucce" di pane di grano duro del posto possono essere
anche di dimensioni ragguardevoli e la pezzatura da un chilo è la norma. Io poi ero piccolo, quindi a me sembravano
ancora più grandi... Fatto sta che l'operaio prese un coltellaccio, ne tagliò
una fetta che ancora fumava, aggiunse un po' di sale, un po' di pepe e quell'olio che stava venendo fuori dalle presse. Signori miei, a distanza di
tanti anni sento ancora il gusto di quella fetta di pane!
Marachella: una volta, quando avevo più o meno
sette anni, mio papà mi portò con sé nella casa al mare. Quella volta era
particolarmente impegnato perché c'era un operaio con cui stava sistemando un
deposito per l'acqua. Fatto sta che io mi ero stancato di stare da solo e, emulo
di mia sorella, decisi di tornare a casa in autostop. Pensato e fatto, mi
avviai, comunicando la cosa a mio padre. Solo che lui non mi sentì... Feci un
chilometro a piedi, poi passò un signore in vespa che mi conosceva e che mi
dette un passaggio fino in paese. Vantaggi del vivere in un piccolo paese. Fu
molto bello, anche perché era la prima volta che salivo in moto. Davanti, in
piedi fra il manubrio ed il guidatore. Mi lasciò in piazza, dove incrociai anche
mia sorella. Per farla breve, ero quasi arrivato a casa sano e salvo quando mi
si affiancò una macchina: era mio padre che, sorridente e con un ciuffo che gli
scendeva sul viso mi invitava a salire in macchina aprendomi lo sportello. Salii
contento e... un ceffone mi raggiunse.
In quel momento imparai che dopo
aver parlato bisogna assicurarsi che le proprie parole siano state ascoltate. E
che quando mio padre aveva quel sorriso, specie se abbinato al ciuffo di
traverso, era meglio stargli alla larga. Molto alla larga. Per fortuna quelle
occasioni erano rare, ed il ceffone che presi, peraltro ben meritato, fu
l'unico.
Tornati al mare, scoprii che erano successe tante cose in mia assenza: c'era una
piccola folla, composta da amici e colleghi di lavoro di mio padre, gente sparsa
che cercava qualcosa. Quando scesi dalla macchina alcuni si affollarono attorno
a mio padre, mentre uno dei suoi colleghi, Gigi, mi prese da parte e con una
pacatezza che ricordo ancora mi raccontò che mio padre, non trovandomi più,
temeva mi fosse successo qualcosa, al punto che era andato a chiamare loro nel
paese vicino (n.b. i cellulari all'epoca erano solo le camionette dei
carabinieri). E poi che mi avevano cercato dappertutto, uno mi aveva anche
cercato in mare e visto che era marzo o aprile era stato anche un sacrificio, ma
l'aveva fatto perché temevano tutti per me, e che quando mio padre mi trovò per
strada, stava andando a casa per dire a mia mamma che non mi trovavano più...
1978-79: i tre moschettieri partono
all'attacco. Io, Giorgio e Michele, compagni di scuola ed inseparabili amici. Ne
abbiamo fatte di cotte e di crude. Manuale delle giovani marmotte alla mano (no, non
sto scherzando, l'avevo vinto in una caccia al tesoro!) e fantasia. Prendevamo i
legni inutilizzati dei cantieri edili in zona e con quelli, i chiodi e l'incoscienza ci siamo costruiti una casa (ben 6 mq!) fra due enormi alberi di
eucalipto che c'erano di fronte casa. E con tutti gli optional, fra cui la scala
retrattile per salire, un tavolo reclinabile, le panche per sedersi, un cassetto
a scomparsa per metterci dentro le carte da gioco e tanto di impianto elettrico
alimentato da una batteria d'automobile posizionata nel "belvedere" (o torretta
di guardia, a seconda dei giochi) che c'era sul tetto. Il tetto che era anche il
punto debole di quel gioiellino: non siamo mai riusciti a trovare una soluzione
per renderlo impermeabile...
E poi il telegrafo elettromeccanico, sempre costruito interamente da noi su idea
del manuale, con barre di ferro avvolte da fili di rame presi dai motori
elettrici fuori uso che facevano da elettrocalamita ed attiravano la testa di un
grosso chiodo fissato in fondo ad una leva alla cui altra estremità c'era una
penna che scriveva sulla carta che veniva srotolata. Insomma, come nei film
western.
Per non parlare del generatore a vapore: del fuoco sotto ad un contenitore chiuso
pieno d'acqua che, bollendo, generava vapore che, indirizzato su una ventola da
radiatore d'automobile la metteva
in movimento. La rotazione di quest'ultima si trasmetteva con una cinghia ad una
dinamo che generava energia elettrica. Questo impianto avrebbe dovuto alimentare
il telegrafo, ma non riuscimmo mai ad ottenere energia sufficiente, ed allora ci
provammo con l'illuminazione della casa. Funzionava, ed anche bene. Solo che per
accendere la lampadina ci voleva quasi un'ora dall'accensione del fuoco. Senza
contare che ogni tanto pioveva...
Insomma, avevamo inventiva e voglia di
scoprire le cose. Quelle erano anche le nostre marachelle, che ci facevano stare
attentissimi perché se ci scoprivano passavamo guai... In effetti ogni tanto qualche cosa
non proprio regolare la facevamo. Ma poi penso che sarebbe bello che i ragazzini
d'oggi potessero fare le stesse fesserie che ho fatto io. Purtroppo invece le
marachelle dei ragazzini di adesso si misurano col codice penale...
Si varca la soglia dei 14 anni: finalmente posso guidare il motorino senza
particolari patemi d'animo. E soprattutto senza che mia sorella mi lanci
appresso i sandali. Se avete fatto mente locale sulla moda che c'era nel 1979,
avrete capito che fu un sollievo non da poco...
|
|
|
|
Agosto 1979 |
S. Gregorio, marina di Patù (LE). L'estate passava fra un bagno e una chiacchiera sul muretto. E qualche ormone che cominciava a farsi vivo. |
|
|
|
|
|
|
|
Agosto 1979 |
Le mitiche feste serali a casa di amici. E gente che va e che viene. Ma che fine avranno fatto quei tre ragazzi di Padova? Comunque io sono quello a destra. |
|
|
|
|
|
|
|
Agosto 1979 |
Questa foto potrebbe suscitare i ricordi sepolti di molta gente. Se qualcuno si riconosce, batta un colpo. Io sono quello accovacciato in basso a sinistra col dito per aria. |
|
|
|
|
|
|
|
Pasqua 1982 |
Da sinistra: Fabio, ex fidanzado di mia sorella, Michela, Giusi (seduta), Patrizia (mia sorella) ed io. |
|
|
|
|
|
|
|
Aprile 1983 |
Gita scolastica a Roma, classico lancio della monetina nella fontana di Trevi. Nota il tentato lancio nella fontana di un mio compagno di classe... |
|
|
|
|
|
|
|
Aprile 1983 |
Sempre a Roma, cena in albergo. Rivedendo queste foto mi chiedo sempre che fine avranno fatto quelle persone che non vedo da un sacco di tempo... |
|
|
|
|
|
|
|
Capodanno 1984 |
Ebbene si, la musica mi è sempre stata nel sangue! |
|
|
|
|
|
|
|
Carnevale 1984 |
Ed ecco qua il quartetto: io, un mio compagno di classe e le "mie" due donne, Angela e Agatina. Hei, non correte: in senso platonico!!! |
|
|
|
|
|
|
|
Fine Aprile 1984 |
Madonna di Campiglio: il lancio del professore nella neve. Che freddo che c'era!!!! |
|
|
|
|
|
|
|
Aprile 1984 |
Cosa vuoi mai fare alla sera in albergo durante una gita scolastica? Tutto tranne che dormire, ovviamente! |
|
|
|
|
|
|
|
Aprile 1984 |
Per fortuna eravamo in parecchi a pensarla allo stesso modo |
|
|
|
|
|
|
Tante cose accadono dal 1979 al 1984, e tutto si mischia in
ricordi ora dolci ora amari, come il primo bacio o il rivelarsi della malattia
di mio padre, la scuola marinata...
Estate 1979. Quattordici anni con addosso solo la coscienza di
esserci e l'apparenza del dimostrarne di più. Estate. Si gioca ancora come bimbi
ma spunta anche la malizia. E poi? Bho? Va bene, ci sono le ragazzine. Ma cosa ci si fa?
Come si interagisce con quelle "cose" che se non le consideri si arrabbiano e se
gli vai vicino scappano via? Crisi. Grande crisi. Specie se non c'é qualcuno che
ti spiega un po' come funziona... E allora improvvisi, provi, riprovi e,
inevitabilmente va buca. D'altro canto, chi di voi ha imparato a camminare senza
cadere neanche una volta?
Scorrono le stagioni, fra un'estate e l'altra. In mezzo poco. Ma
poi non è del tutto vero: mi diletto nel frequentare una radio privata e mi
fanno anche mettere su qualche disco. Era l'epoca di Lucio Dalla con Anna e
Marco e L'anno che verrà, di Francesco de Gregori con Rimmel, i primi rap, i
Pink Floyd... Scoperte che segnano l'evoluzione musicale nata da alcuni anni di
lezioni di pianoforte. Purtroppo smesse, anche a causa dell'impostazione un po'
troppo classica delle lezioni, almeno per i miei gusti, nella scelta dei brani
da studiare. In quel periodo ci fu anche il terremoto a Napoli. Ricordo che
scorrevano i titoli di coda di "Domenica in" dell'epoca ed io, seduto sulla
sedia a dondolo, mi sentii muovere, e dissi a mia madre di smetterla di spingere
così forte. Solo che quando voltai lo sguardo lei era seduta al suo posto ed il
suo sguardo era un misto fra un sorriso ed un po' di paura. Istintivamente ci
guardammo attorno senza capire, almeno fino a quando non vedemmo il lampadario
in ferro battuto che oscillava...
Ultimo aggiornamento di questa pagina:
25 gennaio 2006