DIARIO DI VIAGGIO: Filippine 20 marzo - 4 aprile 2009 |
El Nido - Coco Loco
Ci congediamo dal Nido, e riprendiamo i nostri pulmini per il trasferimento alla volta di Coco Loco Island. Purtroppo li troviamo esattamente come li abbiamo lasciati, e cioè sporchi ed impolverati, finanche con una sportina con delle bucce di banana lasciata quattro giorni prima. Non è esattamente il massimo, considerato che gli autisti sono stati tutto il tempo a non fare niente altro che aspettarci... Ci "accomodiamo" e riprendiamo la nostra bella strada sterrata alla volta di Roxas, dove ci dovrebbe attendere una barca per andare in quest'isoletta. Speriamo bene. Fino ad ora tutto sommato i filippini si sono dimostrati abbastanza attendibili e puntuali. Se non altro, molto di più dei loro "colleghi" latinoamericani. In effetti quando arriviamo (noi in deciso anticipo, come al solito: il nostro taciturno autista di cui non credo di aver sentito mai la voce ha una guida al limite dello spericolato), la barca c'è. Ci sgranchiamo un po' le gambe ed il resto, un caffè, qualche foto di rito ed un giretto per i negozietti nelle vicinanze (prosegue la caccia all'infradito). Saliamo sulla barca e ci guardiamo attorno cercando di capire quale sarà il nostro isolotto. Quando finalmente lo scorgiamo, ci rendiamo conto che è proprio un bel posticino. Scendiamo dalla barca e nella hall-capanna ci attende una tavolata per 17 con cocco fresco e foglio da firmare. Cocco molto gradito, foglio un po' meno. Comincio a leggerlo, ma mi fermo subito perché mi rendo conto che mi sta per venire un incazzo, visto che il contenuto somiglia molto a quei fogli di condizioni assurde delle nostre assicurazioni. Decido quindi di ignorarlo e mi dedico al cocco. Ci distribuiamo nei vari bungalow (parola elegante per indicare una capanna su palafitta, con pavimento in canna di bambù e tetto in foglie) e ovviamente io e Claudio facciamo "coppia" nel penultimo della fila sulla spiaggia. Il che non sarebbe poi un grosso guaio, se non fosse che una parte dei bagagli non si trova (s'erano dimenticati che nella barca ci sono due "buchi" da svuotare) e quindi mi tocca di caricarmi i 25 e passa chili di roba che ho con me (quanta... sempre troppa. Basta, è l'ultima volta!!!) e camminare sulla spiaggia rovente sotto il sole delle tre del pomeriggio inseguendo una filippina che mi fa strada... Disperato (e anche un po' incazzato) le sibilo un "Can you go slowly? I'm not superman!!!". Insomma, parto col piede sbagliato. Scaravento i bagagli dove capita e mi impongo uno stop. Cinque minuti di relax, isolamento e meditazione: dove sono, con chi sono e... Ohmmmmm. Ok, funziona. Ora sono pronto. Costume e via in acqua. Il pomeriggio scorre fra chiacchiere varie, bagni e sole. E il giro dell'isola, che prende si e no dieci minuti, soste comprese. L'impegno del giorno è ipotizzare quale sarà il menu della cena a(b)buffet della sera. Che, in effetti, è decisamente ottima ed abbondante. E nonostante questo, del pescione rimangono giusto le lische. E la testa, che nessuno si fila mai, ma che è la parte più buona. E infatti è la parte che anche questa volta rimane intatta (ed io ne approfitto). Dopocena di assoluto relax sull'amaca sotto la tettoia della capanna a fare quattro chiacchiere ed a sparare cavolate. Finalmente riesco a dedicare un po' di tempo alle stelle: lo spettacolo è impressionante, per quantità e qualità, complice l'assenza della luna e di ogni altra fonte di disturbo. E anche il mare ci mette del suo: liscio come l'olio, non si sente neanche, da quanto è fermo. Addirittura riesco a vedere le stelle più luminose riflesse sull'acqua. Veramente emozionante. Citando il titolo di un film... "E le stelle stanno a guardare"
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