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Sabato 22 luglio
 

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Sabato 22 luglio: Antigua

Apro gli occhi e, impastato dalla stanchezza non ancora smaltita e dal cambio di fuso orario, ci metto un attimo a capire dove mi trovo. Quando il cervello si connette ho l’impulso di cercare la spina per staccargli la corrente. Invece ci tocca d’affrontare la realtà ed uscire fuori. Pieni di ansia apriamo la porta e fatto un passo ci blocchiamo con la bocca aperta. I nostri occhi quasi non vogliono credere a quello che vedono: un giardino pieno di aiuole con fiori tropicali talmente belli che sembrano finti, in un angolo una piccola fontana, sullo sfondo la sommità di una chiesa e dietro un vulcano contornato da nuvole. Siamo incantati da tanta bellezza, al punto che ci chiediamo se sia vero o cosa. Anche il portico sotto cui ci attende la colazione è pieno di fiori, talmente belli che non sembrano neanche veri. Ci risolleviamo, grazie anche ad una buona colazione, anche se è tale perché abbiamo fame. Il caffé è imbevibile. Per fortuna la Robbi (Santa donna!) si è portata dall’Italia un barattolo di caffé solubile. Confronto al loro sembra un nettare…

Cominciamo il giro della città, e quello che colpisce subito è la quantità e la qualità dei colori. Ti circondano, ti avvolgono, ti coccolano e ti violentano. Sono forti, sono dappertutto: nei fiori, nelle case, nei vestiti, nei tessuti, nelle cassette della posta. Ogni cosa ha il suo colore, e deve assolutamente spiccare in mezzo agli altri, deve farsi notare. Sarà ciò che resta degli antichi riti Maya a base di Pejote?

Ma non ci sono solo i colori. C’è anche una miseria che sfiora l’indigenza. Sono decisamente poveri, e cercano di arrangiarsi in qualche modo: chi vende pannocchie, chi frutta, chi tessuti. C’è anche uno che fa spremute d’arancia. Guardo lo strumento e mi sembra di sognare: è un attrezzo a manovella che “automaticamente” sbuccia e spreme le arance. Giacché siamo in giro, ne approfittiamo per cercare una dimora più a buon mercato, visto che non possiamo permetterci di pagare 50 dollari a notte. Troviamo una locanda poco distante, senza giardino ma semplice ed aggraziata (secondo i loro parametri), con anche la nonna incorporata che dabbasso pulisce la verdura e ci racconta di quand’era giovane.

 

Nel pomeriggio piove.

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