Domenica 23 luglio: Antigua (Ciudad
Vieja)
Andiamo a piedi a Ciudad Vieja.
Sono tre o quattro chilometri, ma ci danno meglio l’idea di dove siamo
effettivamente, al di là del centro di una città comunque turistica. La strada è
sterrata, e spesso ci sono siepi ai lati della strada. Cosa c’è di strano? Che
le siepi sono fatti di “tronchetti” della felicità alti quasi due metri…
Siamo diretti verso la prima
capitale del Guatemala, che fu distrutta da un lago che gli si è riversato
sopra. Qualcuno rimase, e gli altri fondarono Antigua, che diventò la nuova
capitale. Almeno fino a che non fu distrutta da un terremoto, dopo di che
fondarono Città del Guatemala, che da allora è la capitale dello stato. Fino al
prossimo terremoto?
Arriviamo in città, che
veramente è un paesino o poco più. È domenica, e diverse persone sono davanti
la chiesa, altri stanno preparando una festa o qualcosa del genere, perché a
tratti, come se stessere provando un impianto, si sente della techno-house sparata ad
un volume impressionante.
La gente ci guarda un po’
stranita. Qui i turisti ne devono vedere pochi, e quei pochi non devono essere
accolti molto bene. Noi ci siamo attrezzati, cercando di mimetizzarci un po’:
maglietta consumata, pantalone logoro, niente ai polsi e niente in vista che
possa attirare l’attenzione. Meno ci si fa notare e meglio è, mica come quel
gruppetto di turisti che si è avventurato in giro con Rolex al polso, catenine
d’oro e abiti firmati. Dove credevano d’andare non si sa, ma abbiamo saputo che
sono tornati più leggeri. O forse meglio dire "alleggeriti".
La miseria è palpabile. Ci
sediamo nell’unico bar del paese, dove prendiamo un caffé. Poi alziamo lo
sguardo, e vediamo che siamo seduti sotto un enorme albero di mango, carico di
frutti. Chiediamo il permesso e facciamo ciò che in viaggio non si dovrebbe
fare: ne stacchiamo due e li mangiamo. Il mio senso del gusto mi ha ringraziato
a lungo, e poi ha posto il divieto di mangiarne altri lontano dal luogo di
produzione.
Anche stasera è arrivato
l’acquazzone…