Martedì 25 luglio: Antigua - Panajachel
Lasciamo Antigua diretti a
Panajachel, sul lago Atitlàn. In pulmino (anche questo sta insieme per un
qualche miracolo) conosciamo Tommaso e Lucia, che sono due ragazzi molto
simpatici, giovani.
Mentre andiamo in là, passiamo
davanti ad una caserma militare. Non ci sarebbe nulla di strano (a parte
considerazioni di altra natura), se non che il posto di guardia all’ingresso è
ospitato non da una classica costruzione ma… da un enorme anfibio in cemento!
Che dire, tutti i gusti son gusti…
Arriviamo dalle parti del lago,
ed il nostro autista, un ragazzino che non so neanche sia maggiorenne, comincia
a fare le lodi del lago e del progresso guatemalteco, dicendoci di guardare
verso il lago. Ed in effetti, prima ancora di capire com’è fatto il lago, il
ragazzino ci fa notare con orgoglio due palazzoni che si stagliano davanti a noi
con le fondamenta sulla riva e che salgono per una ventina di piani cadauno.
Naturalmente c’è solo lo scheletro, e si vede benissimo che li hanno abbandonati
da parecchio tempo, e probabilmente rimarranno così per chissà quanto ancora… Ci
guardiamo in faccia, e siamo tutti concordi: li hanno convinti che devono
esserne orgogliosi. Finalmente appare il lago, ed è uno spettacolo: cinque
vulcani (si, vulcani fatti a forma di vulcano, con tanto di nuvoletta in cima!)
che circondano un bacino d’acqua splendido.
Ritroviamo ancora i ragazzi
conosciuti in aereo, e conosciamo anche una coppia del Bolognese, Robbi e
Claudio.
Veniamo a sapere che in un
paesino dall’altra parte del lago c’è una festa, e partiamo con un barcone
carico di turisti che ci porta di là. La vista dei vulcani dal lago lascia senza
fiato. In paese invece ci sono un sacco di turisti. Ci guardiamo un po’ intorno,
ed arriviamo in uno spiazzo dove c’è un po’ di tutto. Da un lato c’è una giostra
per bimbi, una ruota, che sembra star su per qualche eccezione alle leggi della
fisica, ed è anche carica e gira ad una velocità incredibile… Sentiamo il motore
a scoppio che la fa girare aumentare i giri ed io mi aspetto di vedere la
“giostra” sfasciarsi da un momento all’altro. Per fortuna invece stavolta è
andata bene
Dall’altra parte stanno facendo
un rito strano che non capiamo: c’è uno che urla parole incomprensibili in cima
ad una costruzione. Poi scende a comincia una danza. Ci capiamo abbastanza poco,
ma abbiamo l’impressione che sia più per i turisti che un rito vero e proprio.
Decidiamo di abbandonare i turisti e ci incamminiamo per il paese. Dopo un po’
vediamo tutto un movimento di persone, e questa volta locali: sono tutti al
campo da calcio per guardarsi la partita di pallone… Mica scemi! Continuiamo ad
andare a zonzo, e capitiamo in un campo di caffé: finalmente ho l’onore di
conoscere la pianta della mia droga preferita…
Torniamo alla posada pregustando
una doccia calda, ma quando entro in bagno rimango folgorato: la doccia è
elettrica... o meglio lo è la generazione dell’acqua calda, ma non come
intendiamo noi. Lì, per fare l’acqua calda montano un aggeggio subito prima del
diffusore della doccia, solo che questo aggeggio è elettrico, per cui ci sono i
fili che lo collegano lì, a dieci centimetri dalla testa! E c’è anche un
interruttore per fare l’acqua più o meno calda… Guardo basito l’aggeggio
infernale e valuto le possibilità di rimanerci secco: ho deciso, farò la doccia
fredda!
Piove…